mercoledì 9 marzo 2011

Perché ritengo criminale Il Segreto

Il Segreto, una delle più grandi e purtroppo diffuse imposture confezionate dall’industria del wellness, appiattisce in una misera “formula” la fine opera di mistici, alchimisti, scienziati, letterati e filosofi.
La legge dell’attrazione, così come esposta in quel testo e nei testi che di esso sono codazzo (La chiave del Segreto, Il Segreto della Chiave del Segreto, etc.), è un’approssimazione molto grossolana di concetti che appartengono a ben più nobili tradizioni.

L’idea presentata in The Secret è quella di un universo, ma sarebbe meglio scrivere Universo, che si organizza intorno ai nostri desideri e ai nostri pensieri.
Nel video The Secret, questa idea è brutalizzata dall’esempio di un tizio che si siede in poltrona un tanto al giorno mimando di guidare l’auto dei suoi sogni. Secondo gli autori, l’Universo “accoglierebbe” questa fantasia e si disporrebbe a concretizzarla.
Fin qui niente di male, la tesi, come del resto molti aspetti della nostra vita, non è falsificabile: qualcuno ci crede, altri la trovano risibile, e tutto sommato, anche per quelli che non ci credono, potrebbe rivelarsi efficace indipendentemente dalla sua scientificità in virtù dell’effetto “profezia che si auto-avvera” o dell’effetto Pigmalione.
Resterebbe, certo, da distinguere tra il desiderio di apparire più carismatico, che potrebbe, in talune circostanze, aiutarmi a diventarlo, ed il desiderio di saper guidare un aereo che, senza un adeguata formazione, finirebbe per danneggiare me stesso e gli altri.
Dobbiamo comunque, per onor del vero, prendere atto del fatto che nessuno, nel video o nel libro, sostiene che si possa imparare a volare immaginandolo o mimandolo seduti comodamente in poltrona (e questo lo sapevano già gli autori del proverbio “aiutati che Dio ti aiuta”).

Ma torniamo al tizio dell’automobile e supponiamo che questi, non appena l’Universo abbia esaudito il suo desiderio, investa involontariamente un pedone e lo uccida.
Viene da domandarsi: intorno a cosa l’Universo si è organizzato in questo caso?
Si potrebbe rispondere che non sempre l’Universo si organizza intorno ai desideri di qualcuno, a volte decide per conto suo e quel giorno ha deciso così. O ancora potremmo pensare che qualcuno desiderasse al morte di quella persona (non esclusa la persona stessa) e che l’Universo l’abbia accontentato. O ancora che quella morte abbia un senso, un’utilità che soltanto l’Universo conosce. O ancora che talvolta l’Universo non entri proprio in causa.
Altre ipotesi si possono formulare, tutte equiprobabili, anzi, tutte ugualmente a-probabili, dal momento che non è possibile verificarne la fondatezza (e mi preme qui ricordarvi che a scrivere non è uno strenuo difensore della scienza, ma una persona che annovera tra i suoi interessi lo sciamanesimo ed i tarocchi e che è piuttosto critico nei confronti di chi considera il metodo scientifico l’unico degno di rispetto).

La questione su cui vi invito a riflettere è come – e se - raccontereste la legge dell’attrazione ad un bambino affetto sin dalla nascita da una grave malattia (il paragone estremo mi è suggerito dallo stesso Segreto, in cui si portano esempi di guarigioni miracolose da malattie ritenute incurabili).
Immagino già la risposta di alcuni sostenitori del Segreto: “gli direi che se vuole, se è davvero sua intenzione guarire, allora può farlo”. Niente da obiettare, anzi, il proposito è meritorio. Ma la mia considerazione non riguarda come agirebbe la legge dell’attrazione d’ora in poi se lui lo volesse, bensì come ha agito a partire dalla sua nascita per portarlo al punto in cui sta adesso (rinunciando per ora a scomodare le vite passate che pure qualcuno tirerebbe in ballo).
Immagino ancora che i sostenitori obiettino “cosa importa sapere e, ancor meno, far sapere al bambino come è arrivato a star male? L’importante è che sappia che, se lo desidera davvero, può guarire”.
E ancora una volta devo concordare sulla buona intenzione, ma ammesso che al bambino sia meglio non rivelare il modo in cui l’Universo si sarebbe organizzato affinché lui nascesse malato, lo sarebbe anche per noi?
Intendo dire, sarebbe meglio non indagare oltre ed ammettere dunque che l’Universo segue logiche imperscrutabili e del tutto diverse da quelle che noi possiamo immaginare (ipotesi di tutto rispetto purché rimanga nell’ambito della religione e non pretenda di sconfinare in quello della fisica dei quanti), oppure dovremmo trovare, o almeno tentare di trovare, una qualche risposta soddisfacente alla questione, che, pur nel suo prescindere da una forma di scientificità, non faccia vistosamente a pugni con essa?

A questo punto mi fermo perché coloro che abbiano “sprecato” un po’ del tempo della loro vita su un testo di filosofia, di teologia o più semplicemente siano stati per qualche minuto sotto una pergola a parlare di qualcosa di diverso dalla Lazio e dalla Roma, non faticheranno a riconoscere che l’intera questione altro non è, scomodando Guccini, che un “dire cose vecchie con il vestito nuovo” o più correttamente, considerando il business che c’è dietro al Segreto, un vendere cose vecchie con il vestito nuovo.
Le “cose vecchie” sono rappresentate in questo caso dall’ossessione di poter avere il pieno controllo sulla propria vita e sul proprio destino, con tutte le implicazioni che la vexata quaestio circa l’origine e il posto che avrebbe il “male” (o quanto consideriamo tale) nell’universo, pone.
Il "vestito nuovo", invece, è una discutibile vulgata della fisica dei quanti, materia che, per sua natura, pare si presti ad ogni utilizzo, proprio ed improprio, dal momento che chiunque può dirne qualsiasi cosa, tanto nessuno ci capisce niente (e ad affermarlo non sono io ma nientemeno che Richard Feynman).
Ben inteso, nessuno vuole negare le immense prospettive che questa branca della fisica ha aperto e continua ad aprire, ma io, in buona compagnia, credo che sia necessario essere cauti nel procedere ad arbitrarie trasposizioni che pretendano di essere qualcosa di più di calzanti metafore.

Comunque, a prescindere dalla liceità di queste operazioni, sorprende l’effetto straordinario che tale “riverniciatura” sortisce su quelle stesse persone che, soltanto a titolo di esempio, ritengono la religione cristiana ed il suo Dio una (tutt’al più) bella invenzione, ma non esitano un solo istante ad assumere per reale e provato l’Universo di The Secret.
Spesso sono gli stessi che “scoprono”, leggendo l’ultimo successo commerciale sull’argomento, che Gesù aveva fratelli. “Meraviglia! E la Chiesa ce lo aveva sempre tenuto nascosto!” Inutile far notare loro che era così ben nascosto che bastava leggere, neanche tanto attentamente, i vangeli o le epistole di Paolo per nutrire qualche sospetto in merito.
Riguardo alla Chiesa poi, il dibattito era aperto dalla notte dei tempi e niente affatto segreto; ma quanto più affascinante l’ipotesi del complotto, dell’occultamento, del segreto.
Il Segreto, appunto.
Del resto basta dare un’occhiata anche solo al trailer di The Secret che echeggia Codici da Vinci e Indiana Jones e Templi Maledetti e Egizi e Templari e Cagliostri e Cabalisti e Gnostici e Alchimisti in una confusa baraonda di personaggi, attribuzioni, verità e misteri.

Azzardo che dietro il successo di The Secret e di altre operazioni simili si celi l’insana convinzione dell’uomo contemporaneo di poter accedere al suo potenziale simbolico attraverso un atto di appropriazione.
In altre parole, imparo a piegare l’Universo al mio volere, lo posseggo, lo governo. L’esatto contrario di quanto tutte le grandi tradizioni, a cui, tra l’altro, The Secret sostiene di ispirarsi, hanno manifestato da sempre ed in alcuni casi “praticato” e cioè la possessione dell’uomo da parte del simbolo.

L’uomo non ha il pieno controllo della propria vita e fargli ritenere di poterlo avere è criminale poiché lo carica di una responsabilità insopportabile che, ad un’attenta disamina, sconfina nella colpa

(si pensi ad esempio all’apparentemente innocuo desiderio, concretizzato dall’Universo, di veder volare una farfalla e al conseguente tsunami che il battito d’ali di quest’ultima finisce per provocare dall’altra parte del mondo: il cosiddetto “butterfly effect”).

Forse, invece, faremmo bene ad attenerci all’invito di Nietzsche e a non caricare l’uomo di pesi che non può sopportare; inaugurando, in questo modo, un’epoca di maggiore delicatezza nei confronti di noi stessi e degli altri.