lunedì 8 ottobre 2012

Pilotare un caccia o una riunione

Pensa ad una situazione recente in cui hai dovuto sostenere una conversazione su qualcosa che ti sta particolarmente a cuore di fronte a cinque o più persone. Una riunione di lavoro, ad esempio, o un confronto con la tua famiglia per prendere delle decisioni importanti, o una riunione di condominio.
Sapresti dirmi qual'era la tesi che hai sostenuto e, in linea di massima, le argomentazioni con le quali l'hai sostenuta? Sapresti anche menzionarmi le critiche che ti sono state mosse?
Probabilmente, sì.

Ora, sapresti dirmi dove erano seduti i partecipanti, come erano vestiti, in quale ordine hanno preso la parola, che postura avevano?

Se hai risposto sì alla domanda precedente, complimenti: sei un ottimo osservatore ed hai delle buone competenze relazionali!
Se non ti ricordi gli aspetti di cui sopra, domandati perché non li ricordi, mentre magari ricordi più o meno bene la tua tesi, le argomentazioni a supporto di essa e le critiche mosse.
 
Una spiegazione potrebbe essere perché, impegnato com'eri nel persuadere i partecipanti della bontà della tua tesi, non hai prestato attenzione ad altri particolari da te giudicati irrilevanti o non considerati affatto.
Possiamo affermare che, in questo caso, la tua attenzione fosse focalizzata, ovvero concentrata su un aspetto della situazione a scapito degli altri. Entro certi limiti, questo è inevitabile: possiamo concentrarci consapevolmente su poche cose alla volta e, per giunta, che non ci impegnino troppo; il mito del multitasking, alla luce delle più recenti ricerche scientifiche, si è rivelato, per l'appunto, un mito.

E' altrettanto vero che alcuni aspetti di una situazione che ci sembrano irrilevanti possono invece rivelarsi fattori critici per la buona riuscita di ciò che ci proponiamo di fare, purché siamo in grado di notarli e di utilizzarli.

Facciamo un esempio (si tratta di un caso reale, sebbene siano stati modificati alcuni particolari per non renderlo riconoscibile).

Sto per avanzare una proposta importante in una riunione di lavoro. Siamo ancora in piedi intorno al tavolo in attesa che giungano tutti i partecipanti. Posso decidere di isolarmi per ripassare i mei appunti su ciò che dovrò dire o "perder tempo" a guardarmi intorno.

Tenendo fede alla mia predilezione per le "perdite di tempo", opto per quest'ultimo comportamento e noto che la Responsabile delle Risorse Umane, che parteciperà alla riunione, ha una nuova acconciatura.
 
So che è una persona difficile da convincere e che il suo atteggiamento critico, unito al suo indubitabile carisma, potrebbero compromettere seriamente l'esito della riunione.

Ma so anche che, una volta che si sia persuasa, per quella stessa influenza che è capace di esercitare sugli altri, può rivelarsi la migliore alleata che si possa desiderare in un contesto come questo.
Si tratta comunque di una persona di grande intelligenza strategica, prevenuta rispetto ad eventuali lusinghe e tattiche "coperte". Ma poiché la conosco come persona di spirito, decido di giocarmi una carta.

Mi avvicino a lei sorridendo e le dico "Ero indeciso se dirtelo o no. Perché ho pensato: 'se le dicessi che ho notato che ha una nuova acconciatura e che mi piace questo nuovo taglio, potrebbe pensare che io ci voglia provare o, peggio, che la stia lusingando per averla dalla mia parte'. Ora, in effetti, credo che il nuovo taglio ti doni, ma non è la prima cosa che ho pensato quando l'ho notato. La prima cosa è stata: ci deve essere stato un cambiamento importante nella sua vita. Perché sai (sorridendo), è dimostrato che quando una donna cambia acconciatura in maniera così radicale, di solito c'è qualche cambiamento in vista.".

Non c'è niente di vero in questo, né tantomeno di dimostrato, ma il più delle volte funziona perché, anche se non c'è stato alcun cambiamento, la persona ci pensa un po' su e, si sa, "chi cerca trova"…

Lei sorride e mi risponde: "Be' sì, in effetti, qualcosa c'è, o meglio c'è stato. Grazie comunque, non ero convinta che questi capelli mi stessero bene."

"Di niente. In realtà, la mia è una lusinga. Come sai, ho sempre un secondo fine (sorridendo). E' che stavo leggendo i miei appunti e mi sono reso conto che c'è una falla nella mia posizione. Soltanto che non so individuarla con certezza. Ho qualche idea in proposito, ma adesso è troppo tardi, la riunione sta per iniziare. (pausa) Senti, ti chiedo un favore, puoi annotare quello che dico? E' importante che sia tu ad annotarlo: ho bisogno di capire come un'altra persona percepisce la mia proposta. Sai, a volte si vuol dire qualcosa e, senza volerlo, si finisce per dirne un'altra. Così dopo, se ti va, mi dai una mano a migliorarla. Ho bisogno della tua esperienza (breve pausa) e questa, naturalmente, è un'altra lusinga (sorridendo)."

"Va bene, cedo alla lusinga. Se vuoi, dopo la riunione vieni da me e ne parliamo."

Vedete come un particolare apparentemente insignificante, che non avrei notato se, invece di osservare i partecipanti, mi fossi concentrato sui miei appunti, si è rivelato uno spunto efficace per dare avvio ad una manovra che avrebbe trasformato una temibile avversaria in una preziosa alleata.
E così è stato.

Naturalmente, la manovra funziona per motivi che prescindono dall'osservazione sulla capigliatura.

C'è lo stratagemma dell'uccidere il serpente con il suo stesso veleno: se sono io a chiederti, come forma di aiuto, di mostrarti critica nei confronti della mia argomentazione, ristrutturo le tue critiche nelle utili osservazioni di una persona che è dalla mia stessa parte.

C'è lo stratagemma del mentire dicendo la verità: ti lusingo dicendo che ti sto lusingando e che questo ha sicuramente un secondo fine, ma te lo dico sorridendo, affinché questa incongruenza tra verbale e non-verbale ti lasci comunque "aperta" agli effetti ineludibili della lusinga ("Vanità! Il mio peccato preferito!", Al Pacino/Diavolo ne L'Avvocato del Diavolo).

C'è lo stratagemma di tenerti occupata a prendere nota di quello che dico per poterne poi parlare insieme, impendendoti così di intervenire continuamente, poiché ora sei certa che ci sarà un momento in cui potrai dire la tua su tutto quello che io sto proponendo.

C'è sicuramente tutto questo, ma a poco sarebbe servito se io non avessi colto quel particolare, apparentemente irrilevante, che mi ha permesso di avviare la manovra. E non avrei colto quel particolare, se non avessi sviluppato quella che in termini tecnici si chiama consapevolezza situazionale.

La consapevolezza situazionale (Situation Awareness) è stata definita da M.R. Endsley, uno dei suoi più importanti teorizzatori, come
"la percezione di elementi ambientali in una certa quantità di tempo e di spazio, la comprensione del loro significato e la proiezione del loro stato nel futuro prossimo".
Come si può arguire da questa definizione, si tratta di una capacità tattica e non stupisce che il termine sia stato utilizzato in questo senso, per la prima volta, in ambito militare dalle Forze Aeree degli Stati Uniti (USAF) a seguito dei combattimenti aerei nelle guerre di Corea e del Vietnam.

In particolare si è fatto ricorso a questa espressione per indicare la capacità, in un combattimento aereo a corto raggio (dogfight) tra caccia, di osservare la mossa attuale dell'avversario e anticipare quella successiva una frazione di secondo prima che l'avversario prevenga la nostra.

Il termine è stato poi adottato in diversi ambiti, compreso quello organizzativo, ma le caratteristiche della consapevolezza situazionale rimangono le tre definite da Endsley:
percezione, comprensione, proiezione.
In altre parole si tratta di:
  • percepire gli elementi della situazione ed il loro stato;
  • comprendere gli elementi e riconoscerne gli schemi in riferimento alla situazione e ai nostri obiettivi;
  • proiettare nell'immediato futuro le dinamiche tra gli elementi per comprendere come possano evolvere.
Si tratta di concetti che, con altro nome, riscontriamo in tutti i trattati classici di strategia ed in particolare in quelli orientali (Sūnzǐ, Sūn Bìn, I 36 Stratagemmi, etc.), ma anche in quelli occidentali, soprattutto ad opera dei fautori dell'approccio "indiretto" (Liddell Hart).

E' quello che il sinologo François Jullien chiama potenziale di situazione e che, a suo avviso, contraddistingue il concetto di efficacia nel pensiero cinese rispetto a quello occidentale. Mentre, infatti, per gli occidentali è efficace un'azione che forza uno stato di cose verso una situazione desiderata, in Oriente è efficace quell'azione che, a partire da uno stato di cose, riconosce in esso un potenziale di cambiamento e agisce su questo per far evolvere la situazione a proprio vantaggio.

Per tornare al nostro esempio, un approccio diretto sarebbe stato quello di cercare di convincere la Responsabile e i partecipanti contrapponendo la nostra tesi e i nostri argomenti ai loro. Secondo tale approccio, sarebbe stato poco importante concentrarsi su qualunque altro aspetto che non fosse pertinente alla nostra argomentazione.

L'approccio indiretto è consistito invece nell'individuare un elemento che avrebbe potuto far evolvere la situazione a nostro vantaggio: l'avere dalla nostra parte la Responsabile delle Risorse Umane.

E qui è entrata in gioco la consapevolezza situazionale, in primo luogo la rassegna consapevole e inconsapevole di tutto il "materiale" a nostra disposizione, tra cui la nuova acconciatura della Responsabile, gli schemi di comportamento noti della stessa (la sua intelligenza e la scarsa predisposizione alle lusinghe e alle tattiche "coperte"), l'individuazione di un'azione tattica adeguata (lusingare senza lusingare e prescrivere la critica) e la proiezione degli effetti che questa avrebbe avuto sulla situazione.

Ma come possiamo cominciare a sviluppare/allenare la consapevolezza situazionale? In un prossimo articolo ti fornirò alcuni suggerimenti in proposito (una manovra "indiretta" per farti premere il pulsante "Seguimi via e-mail" in alto a destra nel mio blog), ma sin d'ora puoi esercitarti a guardare un po' di più quello che hai intorno, capigliature comprese, anche se non vedi immediatamente come possa tornarti utile.

E mentre "perdi tempo" in queste osservazioni, come sempre, divertiti!
 

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